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LATTE
Parmigiano Reggiano, +74% l’export verso gli USA
Nei primi tre mesi dell’anno le esportazioni di Parmigiano Reggiano in USA sono cresciute del 74%. Un vero e proprio exploit che il presidente del Consorzio di tutela, Giuseppe Alai, spiega come un “risultato frutto di un lavoro intenso, sviluppato in quello che per il Parmigiano Reggiano rappresenta il primo mercato extra Ue e il terzo mercato estero in assoluto. Su questo ottimo andamento però, ha inciso il rallentamento registrato negli ultimi mesi del 2014 rispetto alle attese degli operatori commerciali sui mercati valutari e un rapporto euro-dollaro che si è consolidato come più decisamente favorevole alla divisa americana”. Soddisfazione e prudenza, dunque. “Il dato è in ogni caso straordinario – ha continuato Alai – su un mercato che nel 2014 ha assorbito quasi 6.600 tonnellate di Parmigiano Reggiano e che, da solo, detiene una quota del 17,6% del totale delle nostre esportazioni, preceduto solo dalla Germania (20,8%) e dalla Francia (20%) e che vede proprio il Parmigiano Reggiano ai vertici delle esportazioni di formaggi duri italiani negli Usa, con quasi due terzi del totale. Gli elementi contingenti che hanno determinato questa crescita in America influiranno ancora sui dati del mese di aprile, ma il loro effetto si attenuerà nei mesi successivi. E’ per questo che stiamo lavorando su elementi più certi e prevedibilmente più duraturi, a partire da quella ripresa economica statunitense che favorisce un rilancio dei consumi e, in quest’ambìto, il consolidamento di un’attenzione alle Dop italiane e ai prodotti completamente naturali, come il nostro, che stanno occupando uno spazio sempre più rilevante nelle abitudini alimentari degli americani”. L’occasione presta il fianco anche a una riflessione sulle trattative per gli accordi Ttip tra Ue e Stati Uniti. “Il nostro obiettivo – ha spiegato il direttore del Consorzio, Riccardo Deserti – è quello di far sì che vengano elevate le protezioni del marchio Parmigiano Reggiano anche nelle sue traduzioni. Contestualmente è necessario ‘fare pulizia’ attorno agli usi impropri e ingannevoli per i consumatori statunitensi, soprattutto in materia di uso del tricolore e di richiami geografici che lasciano pensare che i prodotti che nascono in Usa o in Sud America abbiano un’origine italiana. A questo si lega anche il tema delle quote import, perché la loro eliminazione su questo mercato, senza una contemporanea forte tutela della denominazione ‘Parmesan’ che in Europa è già tutelata e riconosciuta come esclusivamente legata al Parmigiano Reggiano, paradossalmente rischierebbe di dar vita a un mercato parallelo, con formaggi duri prodotti magari in altri Paesi europei che, una volta giunti negli Usa, potrebbero essere etichettati come ‘Parmesan’, magari con l’aggiunta di tricolore e Italian sounding”.
MANGIMI
Assemblea Assalzoo, nel 2014 lieve aumento produttivo
Nel 2014 la produzione italiana di mangimi destinati all’allevamento zootecnico è stata pari a 14.090.000 tonnellate, lo 0,3% in più rispetto al 2013, quando i numeri si fermarono a 14.042.000 tonnellate. Nel corso dell’annuale assemblea di Assalzoo (Associazione nazionale tra i produttori di alimenti zootecnici) sono stati illustrati i dati del comparto che in base ai principali indicatori economici del settore mostrano una buona tenuta della produzione industriale, nonostante il perdurare di un periodo di stagnazione dell’economia italiana.
Relativamente al valore prodotto nel 2014, il comparto degli alimenti zootecnici in Italia ha generato 6,36 miliardi di euro, un miliardo in meno rispetto al 2013 quando la cifra era stata di 7,35 miliardi di euro. Questa importante riduzione del fatturato complessivo è da addebitare alla marcata riduzione dei prezzi di tutte le principali materie prime agricole, in particolare cereali e derivati ma anche proteici. I prezzi alla produzione hanno fatto registrare una diminuzione a doppia cifra rispetto al 2013 del -13%. A fronte di questo si è verificato un leggero aumento del costo del lavoro, +3,4%. La contrazione del fatturato però non ha intaccato i livelli occupazionali che si mantengono sui valori degli anni precedenti: l’industria mangimistica italiana impiega complessivamente 8.500 addetti circa escluso l’indotto. Infine il saldo commerciale tra import ed export, che pur restando in area negativa (-294 milioni di euro nel 2014) risulta migliorato rispetto al 2013 con +23,5% grazie al decisivo incremento del valore delle esportazioni: +37%.
“L’Italia si conferma nell’élite dei produttori europei – ha dichiarato il presidente di Assalzoo, Alberto Allodi, durante il suo intervento in Assemblea – restando saldamento al quinto posto in Europa. Questo avviene nonostante la sostanziale assenza di crescita degli ultimi anni dell’economia nazionale e la dipendenza cronica dell’approvvigionamento di materie prime di importazione, non essendo la produzione agricola italiana in grado di stare al passo con il fabbisogno necessario al comparto dell’alimentazione animale. I dati relativi ai livelli di occupazione e produzione vanno valorizzati – ha concluso – anche in considerazione della doppia dipendenza tra il contesto economico nazionale e l’oscillazione dei prezzi delle materie di importazione. Uno sforzo dei mangimisti che regala stabilità all’intero comparto agroalimentere”.
EMBARGO RUSSO
Il rinnovo delle sanzioni Ue provoca la reazione di Putin
“Il fine è quello di garantire la sicurezza della Russia”. Con queste parole Vladimir Putin ha annunciato il 24 giugno scorso la decisione di prorogare di un anno l’embargo sui prodotti alimentari provenienti dalla Ue. E’ questa la risposta all’estensione di altri sei mesi, quindi fino al gennaio 2016, delle sanzioni stabilite da Bruxelles nei confronti della Russia. L’embargo, come si ricorderà, era scattato nell’agosto dello scorso anno dopo le disposizioni decise dalla Ue a seguito della crisi Ucraina. In un incontro con i membri del Governo, Putin ha dichiarato che si è trattato di una decisione necessaria. Nonostante ciò, il primo ministro russo Dmnitry Medvedev non ha chiuso la porta a un eventuale ripensamento affermando che “l’elenco dei prodotti proibiti può mutare a seconda di come agisce l’Unione europea”, sottintendendo che eventuali modifiche possono essere prese in considerazione in base anche e soprattutto al progresso delle relazioni con i partner del Vecchio Continente. Per Carlo Calenda, viceministro allo Sviluppo economico, la proroga dell’embargo non produrrà severi contraccolpi perché “la stima sulla contrazione delle esportazioni per tutto il 2015 è inferiore all’1% del totale dell’export italiano di beni”. In pratica, le perdite economiche determinate dall’embargo sarebbero state recuperate dall’aumento delle vendite italiane negli Usa avvenute nel solo primo quadrimestre di quest’anno. Non la pensa allo stesso modo Fruitimprese, (Associazione imprese ortofrutticole) secondo la quale il settore ortofrutticolo italiano subirà un ulteriore gravissimo contraccolpo. In base a una ricerca internazionale infatti, in termini di export il nostro Paese avrebbe perso nel primo trimestre 2015 il 25% rispetto all’anno prima. E peggio ancora è andata ad altri Paesi europei: il 42% la Francia e il 30% la Germania.