Osservatorio Archi e Tasti – Notiziario n. 14 del 16/09/2015 a cura dell’Ufficio Comunicazione di CremonaFiere.

Un violoncellista per fermare le bombe a Baghdad

Quando lo scorso 27 aprile 2015 Karim Wasfi ha sentito un’autobomba esplodere poco distante da casa sua, ha reagito con la sua unica arma: la musica. Sceso nella piazza dell’attentato, si è seduto nel mezzo della polvere e dei detriti e ha iniziato a suonare con il suo violoncello. Qui iol video:

L’attentato è avvenuto in una trafficata via del distretto di Mansour, nella parte occidentale di Baghdad, in Iraq. Nell’attacco sono morte dieci persone e altre 27 sono rimaste ferite. Secondo Wasfi, di fronte alla violenza era giusto rispondere con un gesto creativo e di bellezza.

Wasfi è il direttore dell’orchestra nazionale Irachena ed è abituato a portare la sua musica nei teatri più prestigiosi. “La mia era un’azione per bilanciare le cose, per compensare quell’orrore, quella pazzia, quell’atto di terrore grottesco e indecente”, ha dichiarato Wasfi ad Al Jazeera. “Era un modo per sconfiggerli con azioni di bellezza, creatività e raffinatezza”.
Secondo Wasfi, il violoncello non può fermare le bombe, ma è un segno di perseveranza e la dimostrazione che la vita è bella e che vale la pena viverla sino in fondo”. L’intervista completa è disponibile qui:

http://www.aljazeera.com/news/2015/04/interview-played-cello-baghdad-bombsite-150429191916834.html

C’è un grande artista dentro ogni studente

Nella mia esperienza di docente di pianoforte, ho spesso verificato come gli allievi possono radicalmente, e istantaneamente migliorare, in modo anche sorprendente, semplicemente in base a ciò che essi pensano mentre suonano. Nulla di magico, naturalmente; si tratta solo di una delle tante testimonianze di come la nostra mente può inibire o liberare il nostro talento.

Molto spesso, basta chiedere ad un allievo che suona in modo inibito, o comunque tendenzialmente scolastico, di immaginare di essere un grande pianista: ad esempio, di suonare lo stesso pezzo cercando di impersonare Vladimir Horowitz. A volte, per i più refrattari, è più efficace chiedere di fare la caricatura di Horowitz. Bene, quasi sempre ne risulta un’esecuzione non solo più fantasiosa e libera, ma anche più intensa e coerente, rispetto a quella precedente. E quasi mai, a dire il vero, si riscontrano troppe somiglianze con Horowitz (artista peraltro difficilissimo non solo da eguagliare, ma anche da imitare).

Ciò che ho imparato da queste esperienze (che a volte applico anche su me stesso) è che il nostro potenziale artistico e creativo molto spesso rimane nascosto, a causa di meccanismi inibitori che ci portano ad esprimere solo una parte minima delle nostre intenzioni e intuizioni. Perché accade questo? Forse perché tendiamo a focalizzarci più sul controllo dei nostri difetti (dunque enfatizzandoli!) che non sulla musica in sé. E se l’obiettivo è “non fare errori” o “non produrre una brutta sonorità” o “non esagerare con il pedale”, forse otterremo il risultato che ci siamo prefissati, ma che non coincide affatto con la nostra reale, globale intenzione espressiva. Quindi può bastare “distrarre” la nostra mente da questi meccanismi di controllo inibitori, ad esempio forzandola a concentrarsi sull’imitazione di un altro pianista, per lasciare uscire con maggiore naturalezza, e finalmente senza ostacoli, la nostra reale individualità artistica.

Spesso nei miei master class gli allievi non si rendono conto che la loro “imitazione” di un grande pianista dà luogo ad una interpretazione migliore, e continuano a credere che si tratti, invece, di una esecuzione esagerata o caricata. Ma basta registrarli, e fare riascoltare e confrontare le due versioni per porli dinanzi al fatto reale.

Naturalmente, non sostengo che per suonare meglio bisogna sempre pensare di essere qualcun altro. Ma questo esperimento può funzionare come un apripista: è un modo per scoprire nuove potenzialità artistiche rimaste magari ancora sopite. Dopo tutto, i master class servono a questo: a far trovare ad ogni allievo, attraverso il confronto con l’esterno, il grande artista che è già dentro di lui.

Di Roberto Prosseda

Distonia Focale

Esiste una malattia diffusa tra i musicisti, sia pianisti, sia strumentisti ad arco o a fiato, eppure ancora poco conosciuta: la distonia focale. Si tratta di una patologia del sistema nervoso, che spesso viene contratta a seguito di uno studio sbagliato, che innesca atteggiamenti compulsivi. Ad esempio, ripetendo ossessivamente un passaggio, o insistendo nel tenere la mano o il labbro in una posizione innaturale, ci si espone maggiormente al rischio di distonia focale. Questa malattia comporta la perdita di controllo di alcune parti del corpo particolarmente sollecitate (ad esempio, le dita esterne per i pianisti), e, a differenza delle tendiniti, non presenta un dolore fisico evidente, cosa che la rende non immediatamente diagnosticabile. La distonia focale si può curare, ma è certamente importante che si faccia un lavoro di conoscenza e prevenzione. È fondamentale, in ogni caso, una maggiore attenzione verso la consapevolezza muscolare durante lo studio: e, in generale uno studio basato sul continuo ascolto del corpo e del suono, e focalizzato sulla concentrazione più che sulla ripetizione meccanica, è certamente una buona abitudine che si può consigliare a tutti i musicisti.
Di questi aspetti parlerà a Cremona Mondomusica domenica 27 Settembre 2015 uno dei maggiori esperti mondiali di distonia focale: il professor Eckhardt Altenmüller, direttore del centro di Neuropatologie per musicisti presso l’Università di Hanover.
Nel seguente articolo in italiano il prof. Altenmüller espone i sintomi e le modalità di prevenzione sulla distonia focale nei musicisti:
http://www.distonia.it/clinica/distonia_dei_musicisti.html

La distonia di funzione, ugualmente chiamata “distonia focale” o crampo del musicista – scrive Altenmüller – si presenta come un difetto di controllo motorio dei gesti complessi ottenuti da un allenamento e da un perfezionamento molto intensi. Nella maggior parte dei casi, la distonia di funzione è molto handicappante e segna la fine della carriera professionale sulla scena di un musicista. Perdita sottile del controllo dei passaggi rapidi, arrotolamento delle dita, mancanza di precisione nell’allargamento delle dita negli strumentisti a fiato; irregolarità dei trilli, dita incollate sulla tastiera, flessione involontaria del pollice che tiene l’archetto negli strumentisti ad arco; difetti nell’imboccatura nei fiati e negli ottoni in certi registri; tutti questi sintomi possono segnare l’inizio del disturbo. In questo primo stadio i musicisti pensano che il difetto di precisione nel loro movimento sia dovuto ad un problema tecnico. Di conseguenza intensificano i loro sforzi ma ne risulta un aggravamento del problema.

Un appuntamento da non perdere per tutti i musicisti che hanno a cuore la propria salute fisica e mentale.