ZOOTECNIA
Energia elettrica e gas più convenienti grazie ad un accordo Mipaaf-Enel
E’ stato siglato nei giorni scorsi un protocollo di collaborazione tra ministero per le Politiche agricole ed Enel Spa sull’efficienza energetica nella filiera zootecnica. La firma è stata apposta alla presenza del ministro Maurizio Martina e del direttore della Country Italia di Enel, Carlo Tamburi. Contestualmente Enel Energia e le organizzazioni agricole nazionali, rappresentate da Coldiretti e Agrinsieme, hanno sottoscritto un primo accordo quadro della durata di 2 anni.
In una nota del Mipaaf si legge che nello specifico Enel metterà a disposizione delle imprese dei pacchetti dedicati di fornitura di energia elettrica e gas a condizioni più vantaggiose, studiati sulle esigenze delle imprese di allevamento in considerazione delle loro dimensioni e dei loro fabbisogni. Le prime aziende che beneficeranno di questo protocollo saranno quelle lattiere. Saranno messi a disposizione anche servizi di analisi ed efficientamento specifici, volti al miglioramento delle performance, all’ottimizzazione e alla gestione dei consumi di energia elettrica e gas in termini di utilizzo sostenibile delle risorse. “Interveniamo per migliorare l’efficienza energetica e abbattere i costi delle aziende zootecniche – ha spiegato il ministro Martina – Grazie all’accordo con Enel infatti, le imprese potranno risparmiare e aumentare la loro competitività e sostenibilità anche sotto il profilo economico. Sappiamo che il nodo dei costi di produzione rimane uno dei fronti sul quale dobbiamo concentrare gli sforzi per dare futuro a più di 120mila imprese che allevano bovini da latte e da carne. Quello che abbiamo costruito con Enel è un modello innovativo di collaborazione che siamo pronti, come Ministero a replicare anche con altre compagnie del comparto energia. Dopo gli interventi sulla tutela del reddito degli allevatori e il rafforzamento degli strumenti per il credito mettiamo un altro importante tassello nella strategia di intervento per il settore”.
LATTE
Dopo l’Asia la tecnologia israeliana sbarca in Africa
Nella periodica newsletter di clal.it del 4 febbraio scorso Leo Bertozzi firma un articolo sulla tecnologia israeliana per produrre latte in Asia e in Africa. “Questa tecnologia – scrive l’esperto – è una delle più stimate al mondo sia per il livello produttivo per vacca, che supera i 100 quintali l’anno, sia per la tecnologia impiegata che riguarda l’alimentazione animale, le condizioni di allevamento degli animali, il monitoraggio delle loro condizioni di salute, le modalità di mungitura”. Bertozzi sottolinea che il cosiddetto modello israeliano viene adottato in diverse parti del globo compresi USA e Russia, ma soprattutto in Asia. La AlefBet Planners infatti, specializzata nella fornitura di know-how e soluzioni tecnologiche, ha realizzato nella regione di Pechino, in Cina, il maggiore impianto per produrre latte e il secondo mai realizzato al mondo, mentre a Shanghai ha progettato le attività di produzione di latte della Bright Dairy. “In Vietnam – continua Bertozzi – la medesima azienda israeliana ha predisposto il progetto per un allevamento da 15mila vacche da latte su un’area di 800mila metri quadrati, mentre in India ha individuato specifici ricoveri per le vacche, che nel Paese sono considerati animali sacri. Ed è proprio con investitori indiani che la AlefBet Planners realizzerà un investimento da 600 milioni di dollari nel Sudan del Sud dove verranno costruite cinque aziende da latte da 2mila vacche ognuna con adiacente impianto di mungitura. Le infrastrutture comprenderanno impianti con soluzioni adeguate alle complesse condizioni locali che vanno dal reperimento delle fonti idriche a quelle energetiche, agli impianti di ventilazione e raffrescamento nelle stalle. Il progetto dovrà poi prevedere il reperimento degli alimenti per gli animali che saranno sia prodotti localmente che importati. Un altro intervento – conclude Bertozzi – riguarderà la progettazione e la realizzazione degli impianti di refrigerazione e dei mezzi per il trasporto di latte e derivati in tutto il Paese”.
BIOTECNOLOGIE
Genome editing e cisgenesi sono le nuove frontiere che ci aspettano
Sul Corriere della Sera del 3 febbraio scorso è uscito un articolo firmato dal ministro Maurizio Martina dedicato alle biotecnologie in agricoltura. Il titolare del dicastero delle Politiche agricole riporta uno stralcio della lettera d’apertura dell’Associazione nazionale biotecnologi italiani a seguito dell’approvazione del Piano per la ricerca sostenibile in agricoltura in cui, tra l’altro, si legge che “l’inserimento nella legge di Stabilità di 21 milioni di euro a sostegno di un piano triennale per rilanciare il miglioramento genetico in agricoltura è una chiara indicazione che finalmente le biotecnologie troveranno uno spazio anche in questo Paese (…) Vediamo con favore questa apertura a sostegno della ricerca pubblica in agricoltura e auspichiamo che questo sia il primo passo di una strada che porti a un dialogo sulle biotecnologie agrarie capace di andare oltre le sigle e abbandonare le barricate ideologiche”. Dopo questa premessa, Martina scrive: “parto da qui per rispondere alle sollecitazioni sul tema della ricerca affrontando la questione Ogm. Non siamo all’anno zero e non abbiamo la testa rivolta al passato. Con il Piano abbiamo scelto di focalizzare i nostri sforzi su due tecniche di ricerca avanzate come il genome editing e la cisgenesi. Tecnologie differenti dalla vecchia transgenesi, nettamente più sostenibili in contesti assai delicati come i nostri. Queste tecniche infatti non comportano l’inserimento nella pianta di Dna di specie diverse e consentono di realizzare cambiamenti mirati più precisi e affidabili. Dare futuro alla nostra agricoltura passa anche da qui, dal miglioramento genetico per avere coltivazioni più sostenibili, capaci di adattarsi al cambiamento climatico ed essere più resistenti anche alle malattie. Come ci chiedono anche tante aziende agricole, abbiamo deciso di supportare gli studi su piante fondamentali per il nostro modello agricolo come la vite, l’olivo, il melo o il pesco: su alcune di queste piante siamo stati protagonisti del sequenziamento del genoma, come nel caso della vite e del frumento, su altre iniziamo ora un lavoro più sistematico. (…) Molto lavoro rimane da fare ma siamo pronti a supportare i nostri ricercatori con azioni concrete e di prospettiva. Collochiamo i nostri sforzi sulla frontiera più avanzata delle tecniche di ricerca, sapendo che per fortuna la scienza ha affinato le proprie attività e ragionare oggi dei vecchi organismi transgeneici degli anni ’90 è un errore. Ci convince di più insistere tenacemente per rafforzare una via italiana alla ricerca pubblica in campo agricolo e non riprendere un dibattito che ha già frenato troppo il nostro Paese nella sua capacità di avanzare su questo fronte decisivo”.
SUINI
Stop all’ammasso privato. Lieve recupero dei prezzi
Anas (Associazione nazionale allevatori suini) attraverso un comunicato informa che il regime di aiuto dell’ammasso privato per le carni suine è stato operativo per circa tre settimane e ha consentito il ritiro di oltre 90.000 tonnellate di prodotto ad un costo stimato di 27,6 milioni di euro. La decisione di sospendere e quindi di chiudere lo stoccaggio privato è stata presa a livello comunitario dopo che sono stati raggiunti i quantitativi previsti. Inoltre la Commissione ha rilevato che dall’introduzione dell’aiuto lo scorso 4 gennaio i prezzi comunitari hanno registrato un modesto recupero nelle prime settimane del 2016. Stando ai dati forniti dalla Ue, la maggior parte del prodotto è stato stoccato a 90 e a 150 giorni e i Paesi che hanno usufruito dell’aiuto sono stati, nell’ordine: Germania per il 29% del totale stoccato; Spagna (21%); Danimarca (13%); Paesi Bassi (12%); Polonia (6,6%). L’Italia si colloca al sesto posto con una quota pari al 6,4% di tutte le carni stoccate.