OSSERVATORIO AGRI&FOOD DI CREMONAFIERE Notiziario n. 83 del 26/02/2016

LATTE

Segatura nel “Parmesan” statunitense, il Parmigiano Reggiano scende in campo

Il Consorzio del Parmigiano Reggiano scende in campo all’indomani della scoperta, da parte della Food and Drugs Administration (Fda, ente governativo degli Stati Uniti che si occupa della regolamentazione degli alimenti e dei farmaci), di cellulosa in confezioni di formaggio duro statunitense grattugiato. Scoperta evidenziata nei giorni scorsi da un servizio giornalistico dall’agenzia Bloomberg che ha portato il caso all’attenzione dei media e dei consumatori sulla presenza eccessiva di cellulosa, definita “segatura di legno”, oltre i limiti della normativa consentita negli USA. In una nota diramata dal Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano si legge che la scoperta di segatura in legno in una confezione di formaggio duro grattugiato made in Usa e venduto come “Parmesan”, conferma che i consumatori statunitensi continuano ad essere esposti a rischi di frodi e contraffazioni che vanno assolutamente rimossi nell’ambìto dei negoziati Ttip (Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti) tra Unione europea e Usa, consentendo di eliminare anche i danni che continuano a riversarsi sui produttori di Parmigiano Reggiano a causa di imitazioni e richiami alla denominazione originale che generano confusione e sospetti tra i consumatori d’oltre oceano. Secondo il Consorzio si tratta di una situazione che con il ricorso all’autentico Parmigiano Reggiano non si potrebbe in alcun modo verificare perché l’uso della denominazione comporta proprio quello esclusivo del Re dei Formaggi italiani e l’assenza di qualsiasi additivo e coadiuvante. Se il prodotto reperibile negli Usa è accompagnato dal marchio “fetta e forma” – puntualizza ancora l’ente di tutela – questo significa che è stato importato dall’Italia già confezionato e controllato, escludendo così qualsiasi ipotesi di manipolazione. Il vero problema, secondo il Consorzio, è rappresentato dai prodotti che circolano liberamente negli Stati Uniti e sono caratterizzati non solo da denominazioni ambigue, ma anche da elementi grafici che sulle confezioni richiamano direttamente il nostro Paese inducendo i consumatori a ritenere che il prodotto provenga dall’Italia. La vicenda della cellulosa nelle confezioni di formaggio americano proposto come “Parmesan” – conclude il Consorzio – dimostra da una parte che la sicurezza anche negli Usa risiede solo nell’acquisto dell’autentico Parmigiano Reggiano e dall’altra ripropone l’urgenza di nuove norme di tutela che negli Stati Uniti consentano una reale difesa degli interessi dei consumatori e, contemporaneamente, la tutela di quella dei prodotti italiani danneggiati dalla libera circolazione di prodotti di imitazione ed evocativi della nostra denominazione che ammontano a 100mila tonnellate.

EXPORT

Numeri in costante crescita. L’obiettivo al 2020 è raggiungere i 50 miliardi di euro

Il percorso verso l’obiettivo dei 50 miliardi di euro di export agroalimentare nel 2020 è iniziato nel migliore dei modi. Lo afferma il Centro studi di Confagricoltura sottolineando come nel 2015, rispetto all’anno precedente, si è registrata una crescita a due cifre per i prodotti agricoli, +11,2%, e un robusto +6,5% per l’industria alimentare. Si tratta complessivamente di un +7,3% che, se fosse confermato nei prossimi anni, porterebbe il valore delle esportazioni di settore a 53,4 miliardi di euro nel 2020, ben oltre l’obiettivo fissato dal Governo. Sulla base delle tendenze registrate negli ultimi anni – prosegue il Centro studi – il traguardo dei 50 miliardi di euro si taglierebbe ugualmente con una media degli incrementi annui del 5% per l’export agricolo e del 7% per i prodotti dell’industria alimentare. In particolare, rispetto alla crescita media annua degli ultimi 5 anni, si tratterebbe di consolidare un ulteriore incremento dell’1,5% per i prodotti agricoli e dello 0,6% per quelli dell’industria alimentare: entrambi i settori hanno dimostrato, sia pure nel quadro di risultati altalenanti, di avere le potenzialità per conquistare quote di mercato anche più consistenti, stimando inoltre che, con un valore esportato di 50,8 miliardi di euro, il saldo export-import del settore agroalimentare potrebbe ridursi dai 5,9 miliardi del 2015 ai -3,2 miliardi del 2020, con un calo del 46%. Negli ultimi anni il deficit della bilancia dell’agrofood è sicuramente migliorato riducendosi da oltre 10 miliardi di euro a meno di 6 miliardi di euro lo scorso anno. Ciò deriva da un netto miglioramento delle partite di scambio dei prodotti trasformati, che per la prima volta mostrano un saldo attivo, e da un peggioramento invece del saldo import-export dei prodotti agricoli, e questo in un anno in cui le esportazioni agricole sono cresciute di oltre l’11%. Un ruolo decisivo per il raggiungimento degli obiettivi prefissati lo avranno le iniziative di promozione del made in Italy agroalimentare – conclude nella nota Confagricoltura – e di contrasto alla contraffazione e alla imitazione dei prodotti italiani, recentemente avviate dal Governo e sostenute da Confagricoltura già in occasione di Expo 2015.

RAPPORTO ISMEA-QUALIVITA

Il food e il wine italiano godono di ottima salute

Nei giorni scorsi è stato presentato a Roma il tredicesimo Rapporto Ismea-Qualivita sulle produzioni italiane agroalimentari e vitivinicole Dop, Igp e Stg. La presentazione del Rapporto è stata l’occasione per organizzare una giornata nazionale della Qualità agroalimentare, iniziativa promossa dal ministero delle Politiche agricole e realizzata da Ismea con l’obiettivo di coinvolgere tutti gli stakeholders sui fattori strategici di sviluppo attraverso l’organizzazione di sette Tavoli di lavoro tematici. Relativamente ai numeri vanno sottolineati quelli che riguardano la quantità certificata, pari a 1,47 milioni di tonnellate di prodotti food e 23 milioni di ettolitri di vino. Complessivamente il valore alla produzione food e wine raggiunge i 13,4 miliardi di euro, per una crescita del 4% su base annua e un peso del 10% sul fatturato totale dell’industria agroalimentare; il valore delle esportazioni è di 7,1 miliardi di euro, con un incremento di oltre l’8% su base annua, per un peso del 21% sul totale dell’export agroalimentare italiano rispetto al 2013. L’Italia rimane leader mondiale per numero di certificazioni con 805 prodotti iscritti nel registro Ue, di cui 282 food e 523 wine (dati al 10 febbraio 2016). Si tratta di un sistema che garantisce qualità, sicurezza e trasparenza anche attraverso i 219 Consorzi di tutela riconosciuti dal Mipaaf, 124 per i prodotti agroalimentari certificati e 95 per i vini Dop e Igp. Nel comparto food nel 2014 è stata certificata una quantità pari a 1,47 milioni di tonnellate (+12,6% sul 2013) che ha permesso di raggiungere un valore alla produzione complessivo di 6,4 miliardi di euro per una crescita del 2,5% rispetto al 2013 (+4,2% l’incremento del valore al consumo). L’export, che copre una quota prossima al 40% della produzione, mostra risultati eccellenti: con 2,8 miliardi di euro, le esportazioni sono cresciute del 13% rispetto al 2013, con una dinamica quasi doppia rispetto al già rilevante risultato dell’agroalimentare totale (+7,7%). Riguardo il settore wine la produzione di vini di qualità in Italia è strutturalmente in crescita. Nel 2014 hanno ottenuto la certificazione Dop 13,4 milioni di ettolitri (+7% su base annua). Una lieve battuta d’arresto si è avuta nel comparto delle Igp, attestate a 9,5 milioni di ettolitri di cui quasi 1 milione è stato esportato all’estero sfuso. La quantità certificata complessiva di quasi 23 milioni di ettolitri vale 7 miliardi di euro alla produzione, pari a un +5% su base annua. Le esportazioni di vino Dop e Igp hanno raggiunto un valore complessivo di 4,3 miliardi di euro (+4%): negli ultimi cinque anni il valore all’export ha avuto incrementi complessivi di oltre il +30% sia nel segmento delle Dop che delle Igp.

BIODIVERSITA’

La Fao si schiera a salvaguardia della diversità genetica delle specie zootecniche

La biodiversità al centro del dibattito. Perché la diversità genetica del patrimonio zootecnico può migliorare la produzione e la sicurezza alimentare. Lo afferma in un articolo la settimanale newsletter di mangimiealimenti.it riprendendo e analizzando i dati riportati dal “Secondo Rapporto sullo stato delle risorse genetiche animali del mondo per l’alimentazione e l’agricoltura” pubblicato dalla Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao) che proprio in base a questo documento chiede maggiori sforzi per utilizzare le risorse genetiche in modo sostenibile. Non solo. Si legge infatti che tra il 2000 e il 2014 si sono estinte quasi 100 razze di bestiame e che circa il 17% delle specie animali domestiche sono a rischio estinzione. Inoltre, il 58% si trova in uno stato di rischio sconosciuto per mancanza di dati sulla dimensione e sulla struttura della popolazione: Europa e Nord America sono i territori del Globo dove si registra il maggior numero di razze a rischio. Pertanto, allevatori e responsabili politici devono oggi valutare con un interesse crescente la possibilità di sfruttare la biodiversità animale. La Fao quindi evidenzia che la biodiversità fornisce agli agricoltori e agli allevatori la possibilità di migliorare le loro razze, permettendo di riuscire ad adattare le popolazioni zootecniche ad ambienti ed esigenze in fase di cambiamento. Un esempio arriva dallo Yakutian, dove una razza bovina originaria della Russia riesce a vivere a temperature che raggiungono i -60C°. “Per migliaia di anni gli animali domestici hanno contribuito direttamente ai mezzi di sussistenza e alla sicurezza alimentare di milioni di persone – ha dichiarato il direttore generale della Fao, Josè Graziano da Silva – tra essi vi sono circa il 70% dei poveri rurali di oggi. La diversità genetica è un prerequisito per l’adattamento alle sfide future”.