OSSERVATORIO AGRI&FOOD DI CREMONAFIERE Notiziario n. 85 del 10/03/2016

ECONOMIA

Numeri da record per l’agroalimentare nel 2015

“Nel 2015 l’agricoltura ha fatto segnare il più alto aumento di valore aggiunto con un +3,8%, l’export agroalimentare ha toccato la soglia record di 36,8 miliardi di euro con +7,5%, l’occupazione giovanile è aumentata del 16% con oltre 20mila nuovi posti di lavoro. Numeri che parlano da soli della capacità del settore di essere protagonista. E’ questa la fotografia del comparto nell’anno di Expo Milano 2015, un evento nel quale l’Italia ha saputo fare squadra e presentarsi unita”. Lo afferma il ministro Maurizio Martina in un comunicato a margine dei dati diffusi nei giorni scorsi dall’Istat. “Questi dati ci incoraggiano – si legge ancora – e ci dicono che il lavoro che stiamo facendo sta dando frutti, da Campolibero al Pacchetto giovani fino al Piano di internazionalizzazione del made in Italy. Risultati che tuttavia non ci fermeranno, perché sappiamo che ancora molto lavoro si deve fare a partire da alcuni settori agricoli oggi in difficoltà. Con questo spirito siamo in campo ogni giorno per favorire la crescita e sostenere il comparto, con tre priorità assolute: tutelare il reddito di chi vive di agroalimentare, favorire il ricambio generazionale e organizzare su basi nuove le nostre filiere eccellenti. Non è un caso – ha aggiunto il Ministro – che nella legge di Stabilità l’agroalimentare abbia avuto una centralità assoluta: da quest’anno tagliamo del 25% la pressione tributaria sulle aziende, cancellando Irap e Imu sui terreni che da sole valevano 600 milioni di euro. Con lo stesso obiettivo – ha concluso Martina – abbiamo proposto una riforma della nostra organizzazione per approdare a un vero e proprio ministero dell’Agroalimentare italiano in grado di dare unità e forza al settore. Non si tratta certo solo di un cambio di denominazione, ma di una scelta strategica figlia delle necessità e delle potenzialità del comparto, sempre più attore protagonista decisivo del nuovo modello di sviluppo del Paese”.

 

OCCUPAZIONE

Anche nel 2016 gli occupati in agricoltura aumenteranno

In un articolo pubblicato dal Corriere della Sera il 1 marzo 2016, Enzo Riboni, a pag. 39 fa un’analisi e fornisce una prospettiva occupazionale nel settore agricolo. Scrive infatti: “La previsione per il 2016 è di una buona domanda di nuovi addetti per l’agricoltura, soprattutto giovani e anche di elevata qualificazione. Il pronostico deriva dal trend già avviato l’anno scorso, quando il numero degli occupati è cresciuto dell’1,6%. Un risultato frutto di un aumento debole (+0,7%) del lavoro indipendente e di una spinta sostenuta del 2,4% della componente dipendente. L’incremento è concentrato nelle fasce giovanili: per chi ha tra i 15 e i 34 anni la crescita degli occupati è stata del 4,3%. In questo quadro le Agenzie per il lavoro si stanno attrezzando per fornire nuovi lavoratori al settore, in qualche caso aprendo divisioni specializzate. Esse possono così contribuire alla regolarizzazione, contrastare il lavoro nero e sottopagato: un quadro oggi preoccupante che, secondo uno studio di ‘The european house-Ambrosetti’ vede 400 mila lavoratori sfruttati dal caporalato a 2,5 euro/ora. I giovani tornano a iscriversi agli Istituti agrari e alle lauree del settore. Lo scorso anno – scrive ancora Riboni – le matricole di scienze zootecniche e tecnologie delle produzioni animali sono cresciute del 43,1% con in più una crescita del 18,6% nelle scienze e tecnologie agrarie e forestali. Secondo alcune Agenzie per il lavoro i profili qualificati che quest’anno saranno più ricercati saranno i tecnici commerciali laureati in Agraria, Biologia, Chimica organica e Tecnologie agroalimentari, con competenze in ambìto botanico, batteriologico e con spiccate doti di vendita. Ricercati anche gli agronomi con laurea triennale o quinquennale, all’inizio in somministrazione ma con ottime prospettive di stabilizzazione: nelle aree vitivinicole si inseriranno addetti al marketing, enologi e sommelier”.

 

SUINI

Febbraio negativo per la redditività degli allevatori

Peggiora a febbraio la redditività degli allevatori: -3,9% rispetto a gennaio e -4,6% rispetto a febbraio 2015. E’ quanto emerge dall’elaborazione dei dati dell’indice Crefis (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole). Un peggioramento dovuto alla contrazione del prezzo del suino pesante che ha subìto una perdita di -4,6%. A beneficiarne, come sempre accade quando la redditività del comparto primario è in calo, è stato il settore della macellazione che rispetto a gennaio ha guadagnato un +2%, mentre rispetto a febbraio 2015 ha raggiunto addirittura un +10,1%. In crescita anche la redditività della fase di stagionatura: +1,5% per il prosciutto di Parma Dop pesante, mentre è rimasta pressochè stazionaria (-0,2%) quella del prosciutto di Parma Dop leggero. Per i prosciutti esclusi dal circuito tutelato la redditività ha perduto oltre 5 punti percentuali. Crefis sottolinea inoltre che nel periodo gennaio-novembre 2015 il commercio estero dell’Italia di suini, carne suina e salumi ha raggiunto un saldo finale negativo pari a -627 milioni di euro pur in presenza di un significativo miglioramento rispetto allo stesso periodo del 2014 con un +248 milioni di euro. Attualmente la redditività legata alla stagionatura dei prosciutti Dop è di nuovo sensibilmente superiore a quella dei prosciutti non tutelati, con un differenziale che a febbraio è stato dell’8% per la tipologia leggera e del 19% per quella pesante. Sempre a febbraio il prezzo medio mensile dei suini da macello, quindi di peso oscillante tra i 156 e i 176 kg, quotati alla Borsa merci di Modena è stato pari a 1,23euro/kg, in diminuzione del 4,2% rispetto a gennaio. Per i soggetti di peso 160-176 kg, e quindi destinati alle produzioni Dop, quotati dalla Cun suini la variazione è stata invece del 5,8% per un prezzo pari a 1,22euro/kg: le variazioni tendenziali sono negative e pari al -6,7% per Modena e -8% per la Cun. Infine in calo anche le quotazioni dei suini da macello leggeri, con il prezzo che a Modena è sceso a 1,35 euro/kg, mentre per la Cun suini la quotazione è scesa di -8,3% fermandosi a 0,90euro/kg.

BIODIVERSITA’ ZOOTECNICA

Dal 2000 al 2014 nel mondo si sono estinte circa 100 razze autoctone. Lo afferma la Fao

Sul numero 8 della rivista L’Informatore Agrario, Giorgio Lo Surdo firma un articolo dal titolo “L’allarme della Fao sulla biodiversità zootecnica”. Nei giorni scorsi infatti, a distanza di 9 anni dal primo, la Fao, ha pubblicato il secondo Rapporto sullo stato delle risorse genetiche animali del mondo per l’alimentazione e l’agricoltura. In questi anni si sono verificati cambiamenti? Riprendendo l’analisi della Food and Agriculture Organization, Lo Surdo scrive che “si stima che tra il 2000 e il 2014 nel mondo si sono estinte circa 100 razze locali autoctone di bestiame e sono cresciute dal 15 al 17% quelle a rischio di estinzione, accertate oggi in 1.458. Ma non esistono ancora informazioni attendibili sulle dimensioni e le caratteristiche di oltre metà (58%) delle razze allevate nel pianeta. Queste sono poco più di 6.000, con prevalenza di avicole (1.720), ovine (1.550) e bovine (1.405). Seguono, distanziate, le suine (710) e le caprine (690). La Fao lancia l’allarme: l’estinzione delle razze autoctone fa perdere irrimediabilmente caratteristiche genetiche di resistenza a temperature estreme, risorse idriche limitate, alimentazione di scarsa qualità, pascoli su terreni difficili esponendo, soprattutto le zone più povere del pianeta, a una crescente incertezza produttiva gli allevamenti. I segnali positivi vengono dalla maggiore consapevolezza dei Governi sulla necessità di monitorare la situazione nei rispettivi territori attraverso istituti dedicati che censiscano la consistenza delle diverse razze e coinvolgano gli allevatori negli obiettivi di conservazione del patrimonio genetico. Nel 2007 i Paesi che avevano istituito una banca genetica del patrimonio zootecnico – scrive Lo Surdo – erano appena 10, oggi sono 64 e altri 41 l’hanno programmata a breve termine. Fra questi l’Italia. La Fao sottolinea opportunamente come la tutela delle razze che nel tempo si sono selezionate e radicate nei diversi territori persegua un obiettivo non solo scientifico, ma soprattutto concreto, operativo, anche nella direzione di una maggiore e consolidata sicurezza alimentare, a sostegno di una tradizione produttiva e gastronomica che i prodotti similari ottenuti dalle razze universali inevitabilmente modificano”.