COLLEGATO AGRICOLTURA
Il Senato ha dato l’ok al documento
Più semplificazione e controlli
Il Senato ha approvato il 5 luglio scorso il Collegato Agricoltura. In una nota del ministero per le Politiche agricole si apprende che il ministro Maurizio Martina ha sottolineato l’importanza del provvedimento, ritenendolo “fondamentale e giunto alla fine di un lungo e approfondito lavoro in Parlamento. Le parole d’ordine – ha detto – sono semplificazione, tutela del reddito, ricambio generazionale e organizzazione. Su questi quattro assi possiamo costruire le basi per il futuro dell’agricoltura italiana. Il Collegato ci dà più armi in questa battaglia. Coglieremo tutti gli spazi a disposizione per rinnovare gli strumenti di gestione delle crisi che sono uno dei punti più delicati per difendere il reddito degli agricoltori italiani. C’è tanto lavoro da fare”. Tra le principali novità previste dal documento svettano le semplificazioni e i controlli. Saranno ridotti da 180 a 60 giorni i tempi previsti per aprire un’azienda agricola; verranno tagliati i termini del silenzio-assenso entro i quali l’Amministrazione pubblica deve adottare il provvedimento finale dal ricevimento della richiesta presentata dal Centro di assistenza agricola. Meno burocrazia sarà prevista nella produzione dell’olio con l’eliminazione del fascicolo aziendale per i produttori la cui produzione è inferiore ai 350 kg; saranno introdotte sanzioni in caso di mancata iscrizione all’anagrafe apistica. Riguardo il ricambio generazionale il Collegato delega al Governo la disciplina delle forme di affiancamento tra agricoltori over 65 o pensionati e giovani tra i 18 e i 40 anni che non siano proprietari di terreni agricoli. E’ previsto uno spazio alla formazione aziendale per favorire l’ingresso dei giovani alla guida delle imprese. Un altro capitolo riguarda l’innovazione con l’inclusione di quella tecnologica e informatica e dell’agricoltura di precisione, nonché il trasferimento di conoscenze dal campo della ricerca al settore primario tra gli ambiti operativi del sistema di consulenza per i beneficiari dei contributi Pac. Sono inoltre previste politiche specifiche per le filiere della birra artigianale, del pomodoro, del riso, del biologico oltre alla gestione del rischio in agricoltura, al miglioramento della spesa dei fondi europei e interventi per il riordino e la riduzione degli enti e agenzie vigilati dal Mipaaf, per l’istituzione della Banca delle Terre, dei Consorzi, le assunzioni, le biomasse, la pesca e l’ippica.
SUINI
A giugno segno positivo per la redditività degli allevatori
Anche il mese di giugno, per il mercato dei suini pesanti, si è confermato positivo. Lo rende noto Crefis (Centro ricerche economiche sulle filiere suinicole). Al mercato di Modena infatti, i maiali hanno raggiunto una quotazione media di 1,36euro/kg incassando un +8,6% rispetto a maggio. Anche se come sottolinea la nota di Crefis la prudenza non deve abbandonare questa positiva analisi, il buon andamento di maggio e giugno, che arriva dopo un lungo periodo di difficoltà, va sottolineato soprattutto perché mostra una variazione tendenziale a +6,3%. Questa situazione ha avuto effetti positivi sulla redditività degli allevatori che hanno potuto incassare un +5,5% rispetto a maggio e un +1,6% rispetto al mese di giugno 2015. Dall’altra parte i macelli hanno visto scendere la loro redditività che a giugno, secondo l’indice Crefis, è stata di -7,3% rispetto a maggio e di -4,9% rispetto a giugno 2015 e questo, sottolinea l’Istituto di ricerca, nonostante il mercato dei tagli freschi, cioè il principale prodotto dei macellatori, sia decisamente tonico. A giugno i prezzi delle cosce fresche pesanti per il prosciutto crudo Dop sono aumentati su maggio dell’,1,5% raggiungendo alla Cun i 4,48euro/kg, pari a un +17% in più rispetto a giugno 2015. Buone anche le quotazioni delle cosce fresche pesanti destinate al circuito non tutelato che alla Cun hanno quotato 3,64euro/kg, incassando un +4,2% rispetto a maggio e un +19% rispetto a giugno di un anno fa. E’ infine proseguita a giugno la tendenza relativamente positiva del mercato dei prosciutti stagionati tutelati. Il Parma Dop pesante ha incassato 9,050euro/kg con un +1,4% rispetto a maggio e un ben più apprezzabile +20,4% rispetto a giugno 2015. La conseguenza di questo andamento depone a favore della redditività degli stagionatori che a giugno, secondo l’Indice Crefis, hanno potuto incassare un +1,4% rispetto a maggio e un +19% rispetto a giugno 2015. In crescita anche la redditività della stagionatura dei prosciutti non Dop che rispetto al mese di maggio hanno incassato un +1,4%, ma rispetto a un anno fa devono registrare un ben più preoccupante -12,2%. Giugno ha confermato infine il gap di redditività davvero molto positivo tra il Prosciutto di Parma Dop e i prodotti generici: +28%.
BREXIT
L’uscita del Regno Unito dalla Ue non pregiudicherà l’export agroalimentare italiano
Per la prima volta da 40 anni, l’industria agroalimentare italiana potrebbe incontrare dei dazi sul mercato britannico, esattamente come avviene per gli esportatori giapponesi o statunitensi. Lo scrive nella sua periodica newsletter settimanale Mangimi&Alimenti. L’articolo dell’houseorgan di Assalzoo, che fa riferimento a un’analisi condotta da Ismea, afferma che questa eventualità si tradurrebbe in prezzi meno competitivi o in una riduzione dei margini per le imprese italiane. A causa dell’uscita dalla Ue, si legge ancora, la politica commerciale del Regno Unito sarà sottoposta a una rinegoziazione in base alla quale le imprese britanniche, da un lato, non potranno più beneficiare del libero accesso ai mercati europei e dall’altro la Gran Bretagna potrebbe innalzare delle barriere tariffarie verso gli ex partner. Questo potrebbe rappresentare un serio problema per l’industria italiana visto che il mercato agroalimentare del Regno Unito, per l’Italia, rappresenta un giro d’affari di 3,2 miliardi euro con una crescita che nel 2015 ha raggiunto il 9%. A questo bisogna aggiungere quello che si potrebbe definire “effetto svalutazione” in grado non sono di rallentare le importazioni inglesi, ma anche di rendere i prodotti britannici più competitivi sui mercati internazionali presidiati anche dall’Italia. Secondo le previsioni sviluppate dal Gruppo assicurativo-finanziario Sace, si legge ancora nell’articolo, l’uscita del Regno Unito dalla Ue potrebbe comportare nel 2017 una contrazione delle esportazioni italiane oltre Manica di entità compresa tra il 3% e il 7%. Tuttavia, l’export agroalimentare italiano verso il mercato britannico non dovrebbe accusare flessioni. Al contrario, il food and beverage made in Italy dovrebbe crescere del 7% nel 2016 e di circa il 5,5% nel 2017. La Gran Bretagna, per l’Italia, rappresenta il quarto mercato di sbocco dell’agroalimentare dopo Germania, Francia e Stati Uniti. A sua volta, il nostro Paese si posiziona all’ottavo posto tra i clienti del mercato britannico con una spesa di oltre 650 milioni di euro. Il saldo 2015 dell’interscambio agroalimentare col Regno Unito è stato pari a un attivo di 2,6 miliardi di euro (+88% sul 2014). Sul totale dell’import agroalimentare britannico, l’Italia intercetta una quota pari al 6% del valore.
NEGOZIATI TTIP
Trattative difficili, l’accordo è sempre più lontano
Secondo quanto riportato sul quotidiano La Repubblica del 5 luglio scorso in un articolo firmato da Giuliano Balestreri, il Ttip, (Trattato transatlantico di libero scambio tra Stati Uniti ed Unione europea) non arriverà a un accordo entro la fine dell’amministrazione Obama. Lo ha affermato il ministro per lo Sviluppo economico Carlo Calenda confermando quanto aveva già dichiarato il suo collega francese, Matthias Fekl. “Siamo arrivati troppo lunghi sulla negoziazione – riporta l’articolo di Repubblica ascrivendo questa dichiarazione al ministro Calenda – e anche per questo rischia di saltare anche l’accordo con il Canada perché c’è una mancanza di fiducia verso tutto quello che è internazionalizzazione e una mancanza di delega a una governance”. Balestreri sottolinea che è difficile fare previsioni su quello che sarà il futuro del Ttip anche se gli incontri tra i negoziatori andranno avanti e continueranno a lavorare soprattutto sulle questioni più tecniche, lasciando ai leader politici quelle più controverse. Un contesto in continua evoluzione e nonostante la Commissaria Ue per il commercio, la svedese Cecilia Malmstroem abbia ribadito di essere determinata a proseguire un negoziato importante per l’Europa come il Ttip, le finestre di opportunità si stanno rapidamente chiudendo e ormai, secondo Paolo De Castro, eurodeputato ed ex ministro delle Politiche agricole, prima di arrivare a una bozza di intesa bisognerà aspettare almeno fino al 2020.
Flash dall’agroalimentare nazionale e internazionale
Glifosate, altri 18 mesi di proroga
Confagricoltura ha accolto con moderata soddisfazione la decisione della Commissione europea di estendere l’autorizzazione del glifosate temporaneamente per 18 mesi nell’attesa che venga trovata una soluzione a lungo termine. La decisione tiene conto del fatto che negli ultimi mesi diverse istituzioni scientifiche hanno ribadito che è improbabile che l’assunzione di glifosate attraverso la dieta sia cangeroneo. Ora, è il commento di Confagricoltura, davanti c’è un periodo di tempo congruo per verificare queste decisioni. (Fonte: www.confagricoltura.it) (LEGGI DI PIÙ)
Troppo caro il conto causato dall’embargo russo
Secondo le analisi condotte da Coldiretti sull’impatto dell’embargo russo sul sistema agroalimentare italiano a quasi due anni dall’avvio del blocco, il taglio delle esportazioni è costato 600 milioni di euro. E la decisione del presidente Putin di prolungare l’embargo ai beni alimentari fino al 31 dicembre 2017 non può che preoccupare il mondo agricolo italiano. Le tensioni commerciali con la Russia hanno interrotto bruscamente una crescita travolgente delle esportazioni agroalimentari italiane verso la Russia, che nei cinque anni precedenti il blocco erano più che raddoppiate in valore: +112%. (Fonte: www.ilpuntocoldiretti.it) (LEGGI DI PIÙ)
Sequestrata in Canada la salsa “carbonara”, millantava di contenere Parmigiano Reggiano
Una nuova frode è stata individuata oltre oceano dal Consorzio del Parmigiano Reggiano, che proprio in coincidenza con il Fancy Food di New York (la vetrina mondiale delle eccellenze agroalimentari) ha ottenuto il ritiro dal mercato di una salsa prodotta in Canada denominata “carbonara” che usava in maniera ingannevole l’immagine del Parmigiano Reggiano nell’etichetta senza contenerlo come ingrediente. Un comportamento frequente da parte di produttori che speculano sulla rinomanza del formaggio più apprezzato al mondo. (Fonte: www.parmigianoreggiano.it) (LEGGI DI PIÙ)
Dal letame suino un ingrediente per produrre asfalto
Negli Stati Uniti una start up ha sviluppato un sostituto del petrolio nella fabbricazione dell’asfalto. Si tratta di un bioadesivo elaborato a partire dal letame dei suini. La ricerca è stata realizzata assieme alla National Science Foundation (NSF) da un gruppo di studiosi dell’Università del North Caroline. Il prodotto finale è un legante appiccicoso la cui materia prima è il letame e andrebbe a sostituire il bitume nella produzione dell’asfalto con costi molto inferiori. I test condotti fino a oggi hanno dato esito positivo. (Fonte: www.3tre3.it) (LEGGI DI PIÙ)
La produzione delle uova in Canada ha ridotto l’impatto ambientale
Secondo uno studio pubblicato da Egg Farmers of Canada, nel corso degli ultimi 50 anni in Canada l’impronta ambientale della catena di produzione delle uova è stata ridotta del 50%. Lo studio ha esaminato l’impatto ambientale della catena produttiva e distributiva del settore delle uova scoprendo che l’impatto “cradle-to-farmgate” delle uova prodotte in sistemi di stabulazione convenzionali erano in media un terzo inferiori alla stima relativa al sistema produttivo del 1962. Secondo il rapporto, la maggiore sostenibilità ambientale nel settore delle uova può essere attribuita a diversi fattori. Tra questi le modifiche apportate alla composizione dei mangimi, ai fertilizzanti usati, al miglioramento della salute degli animali e a una maggiore produttività nella produzione di pollastre e uova. (Fonte: www.unaitalia.com) (LEGGI DI PIÙ)
Industria alimentare italiana e ambiente, un binomio virtuoso
“L’Industria alimentare italiana è un modello in tema ambientale e destina gran parte degli investimenti in ricerca e sviluppo proprio per contenere gli impatti ambientali” lo ha affermato Luigi Scordamaglia, presidente di Federalimentare. “L’Industria alimentare europea, primo settore manifatturiero della Ue e maggior produttore ed esportatore mondiale di alimenti – ha aggiunto – è responsabile di appena l’1,5% del totale delle emissioni di gas a effetto serra in Europa. Nello specifico la nostra industria alimentare, secondo settore industriale del Paese, non solo fa efficienza energetica, ma ha quasi dimezzato in 30 anni l’utilizzo di acqua. Dagli anni ’90 a oggi ha ridotto le emissioni di gas serra del 30%, ha ottimizzato e innovato continuamente, insieme ai produttori, anche il packaging, diminuendo negli ultimi 15 anni l’impiego di materia prima fino al -40%, con un risparmio di 300 milioni di tonnellate di imballi primari e di circa di 20% delle emissioni di anidride carbonica ed è responsabile di appena lo 0,4% delle food losses, le perdite alimentari, che sono generate lungo la filiera”. (Fonte: www.federalimentare.it) (LEGGI DI PIÙ)
Il lattiero-caseario del Regno Unito non copre il fabbisogno interno
Il Regno Unito non copre il proprio fabbisogno di latte e nel 2015 il suo tetto di approvvigionamento non ha superato l’88%. L’import di formaggi, sempre nel 2015, è stato di 494.000 tonnellate di prodotto che corrisponde a 1.803 milioni di euro in valore. L’import di burro si attesta invece a 106.000 tonnellate, per un valore di 363 milioni di euro. Il principale fornitore è rappresentato dall’Irlanda che copre il 22% dei formaggi acquistati dal Regno Unito e il 62% di burro, senza dimenticare che anche gli altri principali fornitori sono comunitari. L’appartenenza alla Ue vincola la Gran Bretagna a porre un dazio sulle importazioni dalla Nuova Zelanda e dall’Australia. Questo vincolo verrebbe meno con l’uscita del Regno Unito dalla Ue. In questo scenario, se il differenziale tra i prezzi oceanici e quelli europei si manterrà, la Gran Bretagna potrebbe trovare più conveniente approvvigionarsi dall’Oceania a cui la lega rapporti storici. (Fonte: www.clal.it) (LEGGI DI PIÙ)
I risultati di uno studio Efsa sulla diffusione dei batteri della decomposizione della carne fresca
L’Efsa ha valutato gli effetti di tempo e temperatura sulla crescita dei batteri della decomposizione in carni fresche, di maiale, agnello e pollame. I suoi esperti hanno utilizzato modelli predittivi per confrontare la crescita di batteri della decomposizione con quella di batteri patogeni e hanno concluso che i batteri della decomposizione, alle stesse condizioni, crescono più rapidamente. Gli esperti hanno stabilito che l’applicazione di efficaci misure igieniche durante la macellazione e trasformazione contribuisce a controllare la contaminazione da batteri della decomposizione. (Fonte: www.efsa.europa.eu) (LEGGI DI PIÙ)