Suinicoltura e direttiva nitrati sono stati i protagonisti dello scorso appuntamento di AgricUltura.Cr.Ue, il ciclo di incontri promosso da Libera Associazione Agricoltori Cremonesi e CremonaFiere. Al centro del dibattito, dunque, i nuovi e pesanti adempimenti che vengono richiesti agli allevatori e la redazione di un nuovo piano d’azione relativo alla direttiva nitrati, che potrebbe portare ad aperture positive.
Le conclusioni del presidente della Federazione Nazionale Allevatori Suini di Confagricoltura, Claudio Canali, sono state puntuali: «Va bene il controllo sull’uso dei farmaci e degli antibiotici, siamo perfettamente consapevoli che sia una priorità, ma non se ne può fare una colpa agli allevatori se le strutture pubbliche competenti finora non state in grado di quantificarne l’uso. Di certo, il ricorso alla ricettazione elettronica ci aiuterà: oggi ci si basa sui dati dei prodotti venduti e non sul loro consumo. Sul taglio code e sul benessere animale è indispensabile che si riescano a fornire agli enti pubblici dati inconfutabili, che dimostrino che nel nostro Paese non è possibile allevare i suini senza ricorrere al taglio della coda. Questo, ovviamente, dopo aver aderito al progetto, e dopo aver dimostrato concretamente di aver compiuto tutti gli sforzi possibili per avere allevamenti sempre più rispondenti alle nuove sensibilità del consumatore. Sulla questione sanitaria, è grande la preoccupazione per la Peste suina africana, anche se al momento la situazione in Europa sembra sotto controllo».
Canali ha poi allargato la discussione ad altri argomenti di eguale se non superiore interesse, come l’andamento della Cun, la valutazione commerciale dei suini e la questione dei Consorzi di tutela dei prosciutti di Parma e San Daniele. «Consorzi – ha evidenziato Canali – che si trovano ad affrontare il problema della concorrenza sempre più marcata dei prodotti indifferenziati. Il Consorzio di San Daniele ha iniziato un percorso di revisione del proprio disciplinare di produzione. Il nuovo testo è in approvazione a livello ministeriale e poi dovrà essere approvato dall’Unione Europea. Al contrario, il Consorzio del Parma non sta prendendo in esame la questione della qualità e quindi della revisione del disciplinare, perché non lo ritiene un problema. Si concentra esclusivamente sul miglioramento del benessere animale. E di questo noi allevatori dobbiamo essere preoccupati; purtroppo – però – all’interno dei Consorzi non abbiamo voce in capitolo, non essendo rappresentati negli organismi gestionali. Questa è una grave lacuna che dovremmo riuscire a colmare. In passato non siamo stati abbastanza lungimiranti. Non solo, se ci saranno variazioni nel disciplinare di produzione del San Daniele e non in quello del Parma, ci troveremo di fronte ad istituti di controllo che dovranno operare necessariamente con due metodologie diverse, con tutte le conseguenze gestionali che potrebbero derivarne».